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EvolutivaMente, perché il Cambiamento è Crescita




Psicoterapia della Terza Età



 

La Psicoterapia per la Terza Età è rivolta alle persone anziane in condizione di disagio psicologico o che necessitano di un intervento di riabilitazione cognitiva.

Normalmente si considera la terza età come una fase di vita “di declino” ma questo risulta solo parzialmente vero, in quanto recenti ricerche hanno dimostrato che anche soggetti in età avanzata sono considerati capaci di nuovi apprendimenti e dotati di possibilità evolutive. Il pensionamento e la conseguente perdita del ruolo sociale, i lutti, le malattie e la perdita di autonomia, sono alcune delle situazioni tipiche in cui l’anziano si imbatte in questa delicata fase di vita. Le conseguenze in termini di depressione, disagio relazionale e sociale, o di ansia, possono diventare importanti.

L’intervento psicoterapeutico e quello riabilitativo possono aiutare l’anziano a gestire le sue emozioni in risposta agli eventi, o a stimolare le sue capacità residue, ottenendo, così, una visione della sua vita diversa e più appagante.

Nella pratica psicoterapeutica con gli anziani utilizzo interventi terapeutici e riabilitativi individuali e in gruppo, quali: psicoterapia Rideterminativa, terapia di Orientamento alla Realtà (ROT), terapia della Reminescenza, Memory Training, training di Empowerment Cognitivo, terapia di Rimotivazione, terapia di Validazione, tecniche di rilassamento, Musicoterapia, Training Psicosensoriale, Pet Therapy. Mi occupo anche di psicodiagnosi e per far questo utilizzo strumenti neuropsicologici e questionari psicodiagnostici.



 
Per informazioni: 333.8547745 Dott.ssa Sarah Cervi

A PROPOSITO DI…




La psicologia evolutiva comprende le varie fasce di età che l’essere umano attraversa, tra le quali vi è anche quella della TERZA ETA’. In questa fase di vita è più facile sviluppare alcune patologie, come la DEMENZA. Questa non si presenta prima dei 45 anni di età ed è abbastanza rara fra i 45-65 anni. L’incidenza aumenta con l’avanzamento dell’età, tuttavia non è detto che una persona anziana debba sviluppare demenza.


Tra le varie problematiche che accompagnano l’invecchiamento compare quella delle alterazioni cognitive, che possono essere una conseguenza di malattie cerebrovascolari, ipertensione, traumi cranici ed altro, e non necessariamente evolvono in demenza. Possono, però, anche essere dei fattori di rischio per sviluppare demenza.

TRATTAMENTO

Il trattamento della malattia prevede la terapia farmacologica, la riabilitazione cognitiva e comportamentale, la consulenza alla famiglia che assiste l’anziano, varie forme di terapie psicologiche, il controllo dell’alimentazione e dei fattori di rischio cardiovascolare. Anche se non è risolutivo l’approccio terapeutico può, però, rallentare l’evoluzione della malattia e questo effetto ottenuto nelle fasi iniziali ha un impatto maggiore sulla qualità della vita.

SINTOMI

La demenza è una sindrome complessa che si manifesta con una progressiva riduzione delle funzioni mentali, della memoria, attenzione, concentrazione, pensiero, linguaggio, ecc.. La compromissione delle funzioni cognitive diviene tale da interferire con il funzionamento sociale e con le attività della vita quotidiana, fino a determinare la perdita progressiva dell’autonomia e dell’autosufficienza. Altri aspetti problematici della malattia sono i disturbi nella sfera della personalità, dell’affettività, dell’ideazione, della percezione e del comportamento. Dopo mesi o anni dall’instaurarsi del processo patologico, a seconda delle condizioni e delle differenze individuali, la maggior parte delle funzioni cognitive si deteriora in maniera significativa, si perde man mano la coscienza della propria persona, la capacità di giudizio e quella di provvedere a sé stessi. Possono manifestarsi alterazioni comportamentali dovute ad allucinazioni, deliri, agitazione, aggressività e depressione, sintomi che sono un’importante fonte di carico per i familiari e sono spesso causa di istituzionalizzazione. I familiari, anche se l’anziano può trarre beneficio nell’essere inserito all’interno di strutture a lui dedicate, rimane l’elemento fondamentale di supporto.

L’opportunità di intervenire con la stimolazione delle capacità cognitive residue in una fase iniziale o intermedia della malattia, ovvero quando tali capacità ancora favoriscono un buon grado di autonomia, può contribuire al prolungamento di questa condizione. La comprensione da parte dei familiari delle specifiche limitazioni cognitive del proprio caro può contribuire a porsi in un rapporto assistenziale che favorisca le capacità esistenti, rallentando il deterioramento.

LA PREVENZIONE

Il benessere mentale riduce il rischio di contrarre una forma di demenza. Dunque, chi si alimenta in modo sano, è attivo fisicamente e mentalmente e ha una vasta rete di rapporti sociali mantiene in buona salute il proprio cervello. Un cervello sano è capace di reagire alla naturale riduzione delle facoltà mentali della terza età e, dunque, anche alla demenza. È infatti in grado di costituire resilienza, ovvero la capacità delle persone di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà. L’incremento della capacità di resilienza aiuterà l’anziano a contrastare le lesioni cerebrali e i processi degenerativi.

Nel trattamento psicologico della demenza si tiene conto dei diversi aspetti problematici dovuti alla malattia: l’aspetto cognitivo, l’aspetto emotivo e quello comportamentale. Esistono diverse forme di terapie che vengono utilizzate a seconda dell’area maggiormente “colpita” o anche in modo alternato per il trattamento delle diverse aree, quali: la Terapia della Reminescenza, la ROT (Reality Orientation Therapy), il Training di Empowerment Cognitivo per il mantenimento e lo stimolo delle capacità residue cognitive e della memoria (Memory Training), la Validation Therapy e la Resolution Therapy. Ognuno di questi approcci terapeutici contribuisce alla gestione dei sintomi della demenza, al mantenimento delle funzionalità residue e al miglioramento dello stato di benessere psicologico.


Dr.ssa Sarah Cervi

 

LA TERAPIA CON LA MUSICA


 
cos’è, a cosa è utile

 

Negli ultimi anni prolificano sempre più ricerche sul rapporto stretto tra musica e cervello. In molti ospedali nel mondo si pratica la musicoterapia e la musica in questi ambiti è usata per la gestione del dolore, per contribuire a scongiurare la depressione, per calmare i pazienti, per alleviare la tensione muscolare e addirittura per l’epilessia. Ad esempio, una ricerca inglese ha provato che far ascoltare ai pazienti le melodie e le strofe più amate agirebbe da stimolo per il recupero dei deficit visivi nei casi di ictus.

La terapia con la musica che utilizzo prevalentemente nella mia pratica clinica, che può essere integrata alla terapia verbale o utilizzata come approccio a sé stante, si fonda sul metodo della musicoterapia ricettiva, e nello specifico prende il nome di IEM, Immaginario evocato dalla Musica. Stimolando e lavorando con l'immaginario del paziente attraverso l'utilizzo della musica con programmi accuratamente selezionati, in uno stato di rilassamento la persona esplora la sua coscienza primaria, aggirando le naturali resistenze psicologiche che a volte sono causa degli impasse (blocchi psicologici), che il paziente mette in essere non consapevolmente nel corso della terapia verbale e che possono ostacolare il buon esito della terapia. Attraverso un processo metaforico il cliente impara a sviluppare alternative e modi preferiti per sperimentare, comprendere e affrontare le problematiche di vita, creando nuovi modi di narrare se stesso e il mondo esterno. Durante le sedute la persona esplora dei contenuti metaforici immaginativi (immagini, suoni, emozioni, sensazioni) che in un secondo momento assocerà a se stessa e a ciò che vive nel qui ed ora, nell’obiettivo di trovare nuovi modi più efficaci di leggere se stesso e la sua realtà.
Con i bambini e i ragazzi utilizzo anche forme di musicoterapia attiva o integrativa.
La terapia con la musica è utile per il trattamento di: stati di ansia, depressione, elaborazione del lutto, difficoltà emotive e relazionali, disturbi psicosomatici e può essere utilizzata con i bambini (dai 7 anni in su), con gli adolescenti, gli adulti e anche con gli anziani.

 
 
     “Evolutiva…MenteStudio di psicologia clinica, evolutiva e terapia con la musica
Dr.ssa Sarah Cervi – contatti: 333.8547745; sarah.cervi@email.it

"Lentamente Muore"

 “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e chi non cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero sul bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno.
Lentamente muore chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità“.

Martha Medeiros