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L'importanza dell'Intelligenza Emotiva
In Italia negli ultimi anni troviamo i segni di un crescente malessere emozionale, soprattutto fra i giovani, come possiamo osservare con atti sempre più frequenti di violenza, soprattutto immotivata, dovuti a gravi carenze relative all'autocontrollo.
Inoltre l'Italia sta sperimentando un aumento dell'incidenza della depressione e proprio l'estate appena scorsa è stata nominata "l'estate nera dei giovani", in quanto sono morti tre ragazzi in meno di 20 giorni a causa dell'assunzione di droghe nelle discoteche in cui stavano passando la serata. Questo clima suggerisce la necessità di insegnare ai bambini quello che potremmo definire "l'alfabeto emozionale", introducendo nelle scuole dei programmi di "alfabetizzazione emozionale" che trasmettano ai bambini le capacità interpersonali essenziali.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) già nel 1993 ha inserito la gestione delle emozioni tra le life skills indispensabili per vivere. Per essere in armonia con se stessi e con gli altri, infatti, risultano fondamentali proprio quelle capacità, indicate come "intelligenza emotiva". Questa capacità può venir insegnata ai bambini fin da piccoli, ma attualmente l'educazione emozionale non avviene, in quanto si dà per scontato che i bambini, dato che possiedono emozioni innate, siano anche in grado di gestirle. Per un bambino invece non è così ovvio saper riconoscere quello che prova, dargli un nome e sapere che presto passerà. La difficoltà che prova quando gli si presenta una sensazione a lui sconosciuta può tramutarsi in paura o la può sfogare con reazioni di rabbia. Inoltre, se un bambino non sarà in grado di riconoscere le proprie emozioni, tanto meno saprà capire lo stato d’animo degli altri ed agire in corretta relazione con loro. La speranza è che un giorno sarà compito normale dell'educazione quello di spingere l'individuo verso comportamenti quali l'autoconsapevolezza, l'autocontrollo, l'empatia, l'ascolto degli altri e la cooperazione. Per il momento insegnanti e genitori possono comunque fare qualcosa attraverso dei percorsi come quelli di “alfabetizzazione emotiva”, che le scoperte scientifiche finora hanno dimostrato essere utili per prevenire diverse problematiche e vivere più serenamente con se stessi e con gli altri.
Ma che cos’è questa intelligenza emotiva?
Già nel 350 a. C. Aristotele esortava a controllare la vita emotiva con intelligenza. Nel 1990 Salovey e Mayer definirono intelligenza emotiva come la capacità appresa di percepire, comprendere, esprimere e gestire le emozioni, in modo che queste lavorino per noi e non contro di noi. In pratica per Intelligenza emotiva si intende sapere che cosa si sta provando, che cosa stanno provando gli altri, essere capaci di assegnare un nome alle nostre emozioni, a quelle degli altri, di controllarle e gestirle accuratamente perchè non sfocino in comportamenti errati.
L’Intelligenza Emotiva per Goleman, autore del testo “Intelligenza emotiva. Che cos’è, perchè può renderci felici.”, è un costrutto che racchiude cinque domini principali:
- Autoconsapevolezza;
- Autocontrollo;
- Automotivazione;
- Consapevolezza sociale (empatia);
- Gestione delle relazioni sociali.
La competenza emotiva è un’abilità complessa che richiede sia la consapevolezza del proprio stato emotivo, sia la capacità di condivisione e di empatia con le emozioni altrui; consente di fronteggiare adeguatamente lo stress prodotto dalle emozioni negative con strategie che ne diminuiscano la durata e l’intensità.
Alla base dell’intelligenza emotiva troviamo l’empatia, concetto con il quale si intende “la capacità di immedesimarsi in stati d’animo e con i pensieri delle altre persone sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti” (Bonino, 1994). Per riconoscere le emozioni degli altri però bisogna innanzitutto essere consapevoli delle proprie, far risuonare dentro di sé i sentimenti altrui senza confonderli con i propri. Dunque la base dell’empatia troviamo l’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti verso le nostre emozioni, tanto più sapremo leggere i sentimenti altrui.
Fortunatamente l’intelligenza emotiva può essere migliorata per tutta la vita, e per farlo bisogna partire imparando a lavorare con le proprie emozioni. Quest’ultime sappiamo essere fondamentali per l’uomo in quanto rappresentano dei segnali che ci aiutano a reagire davanti ad una situazione di pericolo (non per niente il termine “emozione” viene dal latino “moveo” che significa “muoversi da”).
Le emozioni hanno un ruolo importantissimo nelle prime interazioni madre–bambino, in quanto consentono al bambino di comunicare i suoi bisogni a chi si prende cura di lui costituendo una sorta di “luogo relazionale primario”. La risposta della madre ai bisogni espressi dal figlio ha un enorme valore perchè consente al bambino di iniziare a discriminare tra il Sé e il non-Sé. Il bambino tanto più è piccolo tanto più avrà difficoltà a dare un nome a quello che prova e questo può creare in lui un forte disagio. Quando i genitori non sono in sintonia con il figlio, la situazione induce in lui un profondo turbamento e, in caso che questo si prolunghi nel tempo, impone un costo enorme in termini emozionali. Il bambino a questo punto può essere portato a evitare di esprimere le proprie emozioni o, addirittura, a non provarle proprio più. Nell’arco di tutta la vita il prezzo da pagare per la mancanza di sintonia durante l’infanzia può essere molto alto, a meno che questo non verrà riparato più tardi.
Negli esseri umani nessuna emozione fa la sua comparsa in maniera del tutto improvvisa, ma ognuna transita da una fase ad un’altra fino ad assumere cambiamenti quantitativi e qualitativi che rispecchino le riorganizzazioni che hanno avuto luogo nello sviluppo cognitivo e, parallelamente, nello sviluppo sociale.
L'uomo possiede due modalità di conoscenza che interagiscono tra loro per costruire la vita mentale: la mente relazionale e la mente emozionale. La mente razionale è la modalità di comprensione della quale siamo solitamente coscienti ed è più riflessiva rispetto alla seconda più. Le due modalità agiscono lungo un continuum: tanto più è intenso un sentimento, tanto più dominante è la mente emozionale e più inneficace quella razionale. Di solito mente razionale e mente emozionale operano con equilibrio, ma quando le passioni aumentano d'intensità la mente emozionale prende il sopravvento travolgendo quella razionale.
La regolazione emotiva svolge un compito di primaria importanza nell’adattamento dell’individuo al proprio ambiente. La disregolazione emotiva può manifestarsi:
Alla base dell’intelligenza emotiva troviamo l’empatia, concetto con il quale si intende “la capacità di immedesimarsi in stati d’animo e con i pensieri delle altre persone sulla base della comprensione dei loro segnali emozionali, dell’assunzione della loro prospettiva soggettiva e della condivisione dei loro sentimenti” (Bonino, 1994). Per riconoscere le emozioni degli altri però bisogna innanzitutto essere consapevoli delle proprie, far risuonare dentro di sé i sentimenti altrui senza confonderli con i propri. Dunque la base dell’empatia troviamo l’autoconsapevolezza: quanto più siamo aperti verso le nostre emozioni, tanto più sapremo leggere i sentimenti altrui.
Fortunatamente l’intelligenza emotiva può essere migliorata per tutta la vita, e per farlo bisogna partire imparando a lavorare con le proprie emozioni. Quest’ultime sappiamo essere fondamentali per l’uomo in quanto rappresentano dei segnali che ci aiutano a reagire davanti ad una situazione di pericolo (non per niente il termine “emozione” viene dal latino “moveo” che significa “muoversi da”).
Le emozioni hanno un ruolo importantissimo nelle prime interazioni madre–bambino, in quanto consentono al bambino di comunicare i suoi bisogni a chi si prende cura di lui costituendo una sorta di “luogo relazionale primario”. La risposta della madre ai bisogni espressi dal figlio ha un enorme valore perchè consente al bambino di iniziare a discriminare tra il Sé e il non-Sé. Il bambino tanto più è piccolo tanto più avrà difficoltà a dare un nome a quello che prova e questo può creare in lui un forte disagio. Quando i genitori non sono in sintonia con il figlio, la situazione induce in lui un profondo turbamento e, in caso che questo si prolunghi nel tempo, impone un costo enorme in termini emozionali. Il bambino a questo punto può essere portato a evitare di esprimere le proprie emozioni o, addirittura, a non provarle proprio più. Nell’arco di tutta la vita il prezzo da pagare per la mancanza di sintonia durante l’infanzia può essere molto alto, a meno che questo non verrà riparato più tardi.
Negli esseri umani nessuna emozione fa la sua comparsa in maniera del tutto improvvisa, ma ognuna transita da una fase ad un’altra fino ad assumere cambiamenti quantitativi e qualitativi che rispecchino le riorganizzazioni che hanno avuto luogo nello sviluppo cognitivo e, parallelamente, nello sviluppo sociale.
L'uomo possiede due modalità di conoscenza che interagiscono tra loro per costruire la vita mentale: la mente relazionale e la mente emozionale. La mente razionale è la modalità di comprensione della quale siamo solitamente coscienti ed è più riflessiva rispetto alla seconda più. Le due modalità agiscono lungo un continuum: tanto più è intenso un sentimento, tanto più dominante è la mente emozionale e più inneficace quella razionale. Di solito mente razionale e mente emozionale operano con equilibrio, ma quando le passioni aumentano d'intensità la mente emozionale prende il sopravvento travolgendo quella razionale.
La regolazione emotiva svolge un compito di primaria importanza nell’adattamento dell’individuo al proprio ambiente. La disregolazione emotiva può manifestarsi:
- Con gravi difficoltà nella modulazione dell’intensità e della durata dell’emozione;
- Con la perdita di gradualità e fluidità nella transizione tra uno stato emotivo e l’altro;
- Con l’incapacità di esprimere le emozioni in modo flessibile al variare del contesto;
- Con l’incapacità di integrare stati emotivi differenti componendo un quadro complesso di emozioni diverse, a volte incompatibili, e tollerando l’ambivalenza.
Un periodo dell’arco della vita dove troviamo un aumento dell’intensità delle emozioni è quello dell’adolescenza, che potrebbe portare la persona a compiere gesti pericolosi più facilmente o ad esasperare certe situazioni apparentemente “senza motivo”.
Dunque, le emozioni possono avere su di noi sia effetti positivi che, quando risultano eccessive, negativi; tuttavia, è comunque possibile riportarle sotto il nostro controllo. La nostra cultura si fissa sulle capacità accademiche, ignorando l’intelligenza emotiva, immensamente importante ai fini del nostro destino personale. La destrezza di una persona nella vita emotiva è fondamentale per comprendere come mai alcuni soggetti abbiano successo mentre altri, intellettualmente non da meno, imbocchino vicoli ciechi. Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività.
Gardner, nel suo libro “Formae mentis” del 1983, sosteneva che non esisteva un unico tipo monolitico di intelligenza fondamentale ma per avere successo nella vita, ma piuttosto che ce ne fosse un’ampia gamma, della quale individuava sette varietà fondamentali. Gardner si rese conto di quanto le capacità emozionali e di relazione siano fondamentali per affrontare la lotta della vita. Nella realtà quotidiana nessuna intelligenza è più importante di quella interpersonale, in quanto aiuta a prendere la decisione giusta riguardo alla persona da sposare, il lavoro da fare, e così via. Dobbiamo addestrare già a scuola le intelligenze personali dei bambini. L’educazione socioemotiva rappresenta la trasposizione in ambito educativo e didattico dell’intelligenza emotiva e si basa sulla costruzione di cinque competenze chiave: autoconsapevolezza, consapevolezza sociale, problem solving e capacità decisionali, autocontrollo e gestione delle relazioni sociali. Questo è il senso da attribuire all’educazione socioemotiva: dedicare lo stesso tempo alle emozioni e alla socialità rispetto a quello dato ora per le materie scolastiche di base. “Insegnare l’alfabeto delle emozioni è un processo simile a quello in cui si impara a leggere, poiché comporta la promozione della capacità di leggere e comprendere le proprie ed altrui emozioni e l’utilizzo di tali abilità per comprendere meglio se stessi e gli altri” Intelligenza emotiva per un bambino che diventerà uomo (Kindlon e Thompson, 2000).
Aree concettuali e obiettivi specifici afferenti al PATHS, uno dei più famosi programmi di promozione emotiva e sociale utilizzato nelle scuole degli Stati Uniti:
- Autocontrollo -> comprendere e saper applicare i tre step dell’autocontrollo: 1 calmarsi, 2 fermarsi a riflettere, 3 agire
- Autoconsapevolezza emotiva -> comprendere ed usare un vocabolario per esprimere emozioni e stati d’animo; riconoscere e comprendere le proprie e altrui emozioni; promuovere la considerazione e il rispetto per gli altri; riconoscere e capire come il proprio comportamento può avere influenza sugli altri e quello degli altri influenzare il proprio
- Autostima positiva -> promuovere un atteggiamento positivo verso se stessi da diffondere con gli altri e nei vari contesti sociali
- Relazioni sociali -> promuovere un clima di classe positivo per migliorare risultati e relazioni interpersonali
- Problem solving interpersonale -> utilizzare le abilità di problem solving interpersonale per risolvere problemi e superare conflitti
Per ridisegnare una nuova professionalità occorre riconoscere due piani di analisi: quello delle conoscenze e quello delle competenze. L’ambito delle conoscenze si riferisce a quelle pedagogico-didattiche e a quelle relative allo sviluppo e all’apprendimento. Le competenze possono essere inquadrate in quattro categorie di abilità: abilità personali, abilità di programmazione didattica, abilità di conduzione dell’insegnamento, abilità relazionali. Il terzo livello di abilità fa riferimento alla capacità di creare un clima adeguato per l’apprendimento, di promuovere l’educazione socioemotiva all’interno di ogni curriculum formativo, di organizzare e gestire opportunamente gli spazi e i tempi, di implementare momenti di osservazione e valutazione e di adattare il progetto didattico in relazione ad essi. Un aspetto centrale nel programma educativo risiede nel far comprendere ai bambini che le emozioni e i comportamenti sono due elementi che fanno parte della vita di ogni giorno ma che sono anche aspetti profondamenti diversi: mentre le emozioni, di qualsiasi tipo siano, vanno comunque accettate perchè segnali importanti che ci stanno comunicando qualcosa, i comportamenti possono, invece, essere positivi o negativi.
La classe è un microcosmo nel quale si intrecciano storie e vissuti personali differenti, in cui abitano insegnanti e alunni che vanno a formare un’unità che, come ricorda la teoria di campo di Lewin, è molto più della semplice somma delle parti. Ciò vale a dire che ogni comportamento di un allievo è una funzione regolata da due fattori: la sua personalità e l’ambiente che lo circonda e per comprendere il comportamento dell’individuo tenuto conto del contesto. Il primo passo da fare è lavorare sulla costruzione di un clima cooperativo, dove tutti si sentano parte del gruppo senza alcun tipo di esclusione o di rifiuto.
Dunque, se vogliamo sperare che in futuro ci sia un aumento di persone in grado di gestire la propria emotività e di sintonizzarsi con i sentimenti degli altri, con una conseguente diminuzione di atti nocivi per se e/o per gli altri, non possiamo che iniziare insegnando a sviluppare l’intelligenza emotiva ai nostri bambini fin dalla loro nascita, e continuando il suo accrescimento attraverso la scuola.
“Ovviamente nessun percorso è una risposta al problema. Ma data la crisi che i bambini si trovano a fronteggiare, e data la speranza alimentata dai percorsi di alfabetizzazione emozionale, non dovremmo, ora più che mai, insegnare ad ogni bambino queste abilità, che sono essenziali per la vita? E se non ora, quando?” (Goleman, 1996).
La classe è un microcosmo nel quale si intrecciano storie e vissuti personali differenti, in cui abitano insegnanti e alunni che vanno a formare un’unità che, come ricorda la teoria di campo di Lewin, è molto più della semplice somma delle parti. Ciò vale a dire che ogni comportamento di un allievo è una funzione regolata da due fattori: la sua personalità e l’ambiente che lo circonda e per comprendere il comportamento dell’individuo tenuto conto del contesto. Il primo passo da fare è lavorare sulla costruzione di un clima cooperativo, dove tutti si sentano parte del gruppo senza alcun tipo di esclusione o di rifiuto.
Dunque, se vogliamo sperare che in futuro ci sia un aumento di persone in grado di gestire la propria emotività e di sintonizzarsi con i sentimenti degli altri, con una conseguente diminuzione di atti nocivi per se e/o per gli altri, non possiamo che iniziare insegnando a sviluppare l’intelligenza emotiva ai nostri bambini fin dalla loro nascita, e continuando il suo accrescimento attraverso la scuola.
“Ovviamente nessun percorso è una risposta al problema. Ma data la crisi che i bambini si trovano a fronteggiare, e data la speranza alimentata dai percorsi di alfabetizzazione emozionale, non dovremmo, ora più che mai, insegnare ad ogni bambino queste abilità, che sono essenziali per la vita? E se non ora, quando?” (Goleman, 1996).
Bibliografia:
- Goleman D., “Intelligenza emotiva. Che cos’è, perchè può renderci felici.”; 1996, Ed. Rizzoli, Milano.
- Morganti A., “Intelligenza emotiva e integrazione scolastica.”; 2012, Ed. Carocci, Roma
6 buoni motivi per ascoltare musica in famiglia
Ogni tanto, a casa spegnere la tv per ascoltare un po’ di musica potrebbe essere una buona idea. Perché fa bene a tutta la famiglia, non solo ai bambini: anche per gli adolescenti è la risposta a molte situazioni a rischio. Studi clinici hanno dimostrato che ascoltare musica fin da piccoli è un efficace strumento di crescita, in quanto favorisce l’attivazione motoria ed intellettiva. Ed è utile anche dal punto di vista dello sviluppo emotivo: favorisce il coinvolgimento, la partecipazione, la socializzazione. Fa bene al cervello: perché stimola la memoria, contribuisce ad abbassare i livelli di stress, e a migliorare il tono dell’umore. Un team di ricercatori della Mc Gill University di Montreal ha passato in rassegna 400 studi che mettono in relazione musica e salute. A capo del progetto, Daniel J. Levitin prima musicista rock e produttore musicale, vero esperto del settore: come neuroscienziato oltre ad aver guidato il gruppo di ricerca ha scritto numerosi libri che mettono in evidenza il legame tra musica e salute. Quello più noto è “Fatti di musica” ed è dove ha dimostrato che la musica stimola un numero di parti di cervello superiore a qualsiasi altra attività. Come fare allora ad ottenere il massimo risultato? Una ricerca dell’Università di Taiwan dice che ascoltare un brano musicale prima di svolgere un’azione di tipo cognitivo migliora la prestazione. Basta una canzone sola: tre – quattro minuti al massimo e basta una melodia toccante a migliorare la memoria
E non è l’unico effetto, ne abbiamo trovati sette in tutto.
E non è l’unico effetto, ne abbiamo trovati sette in tutto.
FONTE:
Secondo incontro alla "Scuola delle Emozioni"
Venerdi scorso secondo incontro alla Scuola Materna
Bilingue L'Arcobalena.
Di seguito il programma dettagliato dell'incontro.
CLASSE 3 ANNI
TEMA DEL GIORNO: "ESPLORIAMO L'EMOZIONE
DELLA GIOIA"
-
INIZIO ATTIVITA'/VALUTAZIONE DELLO STATO EMOTIVO DELLA CLASSE
-
GIOCO DEL "FIORE MAGICO" -SCOPO DELL'ATTIVITA': CREARE UN RITUALE DI
APERTURA E AUMENTARE LA VICINANZA EMOTIVA
- ASCOLTO
DELLA CANZONE "SE SEI FELICE" -SCOPO DELL'ATTIVITA': SUSCITARE NEL
BAMBINO L'EMOZIONE DELLA GIOIA E CONDIVIDERE ATTRAVERSO IL BALLO E IL CANTO DI
GRUPPO
-
CIRCLE TIME MUSICALE: PRESENTAZIONE DI STRUMENTI MUSICALI E DIALOGO SONORO IN
COPPIA -SCOPO DELL'ATTIVITA': CONDIVISIONE DELLE EMOZIONI E DIALOGO ATTRAVERSO
IL SUONO DEGLI STRUMENTI
-GIOCO “EMOZIONE E FOTOGRAFIA” –SCOPO
DELL’ATTIVITA’: LAVORARE
SUI TRATTI FACCIALI LEGATI ALL’EMOZIONE PARTENDO DAL CORPO
-
CHIUSURA DEL GRUPPO CON IL SALUTO DEGLI INDIANI -SCOPO DELL'ATTIVITA': CREARE
UN RITUALE DI CHIUSURA PER SEPARARSI PIACEVOLMENTE
TEMA DEL GIORNO: "ESPLORIAMO L'EMOZIONE
DELLA GIOIA"
-
INIZIO ATTIVITA'/VALUTAZIONE DELLO STATO EMOTIVO DELLA CLASSE
-
GIOCO DEL "FIORE MAGICO" + COMUNICAZIONE DEL COLORE
PREFERITO -SCOPO DELL'ATTIVITA': CREARE UN RITUALE DI APERTURA E
AUMENTARE LA VICINANZA EMOTIVA+STIMOLARE L'AFFERMAZIONE DEL SE'
-
CIRCLE TIME MUSICALE: PRESENTAZIONE DI STRUMENTI MUSICALI E DIALOGO SONORO IN
COPPIA -SCOPO DELL'ATTIVITA': CONDIVISIONE DELLE EMOZIONI E DIALOGO ATTRAVERSO
IL SUONO DEGLI STRUMENTI
-GIOCO “EMOZIONE E FOTOGRAFIA” –SCOPO
DELL’ATTIVITA’: LAVORARE
SUI TRATTI FACCIALI LEGATI ALL’EMOZIONE PARTENDO DAL CORPO
-
GIOCO DELLA "CANDELA" -SCOPO DELL'ATTIVITA': AIUTARE IL BAMBINO A
CREARE PAUSE DI RILASSAMENTO E RIFOCALIZZARE L'ATTENZIONE
-
ASCOLTO DELLA CANZONE "SE SEI FELICE" -SCOPO DELL'ATTIVITA':
SUSCITARE NEL BAMBINO L'EMOZIONE DELLA GIOIA E CONDIVIDERE ATTRAVERSO IL BALLO
E IL CANTO DI GRUPPO
-
COLORIAMO LA GIOIA -SCOPO DELL'ATTIVITA': STIMOLARE IL
BAMBINO NELL'ESPRESSIONE DI SE'+ALLEVIARE LO STRESS
-
CHIUSURA DEL GRUPPO CON IL SALUTO DEGLI INDIANI -SCOPO DELL'ATTIVITA': CREARE
UN RITUALE DI CHIUSURA PER SEPARARSI PIACEVOLMENTE
TEMA DEL GIORNO: "ESPLORIAMO L'EMOZIONE
DELLA GIOIA"
-
INIZIO ATTIVITA'/VALUTAZIONE DELLO STATO EMOTIVO DELLA CLASSE
-
GIOCO DEL "FIORE MAGICO" + COMUNICAZIONE DEL COLORE
PREFERITO -SCOPO DELL'ATTIVITA': CREARE UN RITUALE DI APERTURA E
AUMENTARE LA VICINANZA EMOTIVA+STIMOLARE L'AFFERMAZIONE DEL SE'
-
CIRCLE TIME MUSICALE: PRESENTAZIONE DI STRUMENTI MUSICALI E DIALOGO SONORO IN
COPPIA -SCOPO DELL'ATTIVITA': CONDIVISIONE DELLE EMOZIONI E DIALOGO ATTRAVERSO
IL SUONO DEGLI STRUMENTI
-
PRESENTAZIONE DELLE 4 EMOZIONI DI BASE E DISCUSSIONE IN CIRCLE TIME -SCOPO
DELL'ATTIVITA': ESPANSIONE DEL VOCABOLARIO EMOTIVO+IDENTIFICAZIONE DELLE
EMOZIONI IN MODO CORRETTO
-GIOCO “EMOZIONE E FOTOGRAFIA” –SCOPO
DELL’ATTIVITA’: LAVORARE
SUI TRATTI FACCIALI LEGATI ALL’EMOZIONE PARTENDO DAL CORPO
-
GIOCO DELLA "CANDELA" -SCOPO DELL'ATTIVITA': AIUTARE IL BAMBINO A
CREARE PAUSE DI RILASSAMENTO E RIFOCALIZZARE L' ATTENZIONE
-
ASCOLTO DELLA CANZONE "SE SEI FELICE" -SCOPO DELL'ATTIVITA':
SUSCITARE NEL BAMBINO L'EMOZIONE DELLA GIOIA E CONDIVIDERE ATTRAVERSO IL BALLO
E IL CANTO DI GRUPPO
-
CHIUSURA DEL GRUPPO CON IL SALUTO DEGLI INDIANI -SCOPO DELL'ATTIVITA': CREARE
UN RITUALE DI CHIUSURA PER SEPARARSI PIACEVOLMENTE
Convinzioni errate sulla psicoterapia e lo psicoterapeuta
- Solo
i matti vanno dallo psicologo
Dallo psicologo va chi sente di avere un problema che turba la sua vita e
vuole risolverlo
- Solo i deboli vanno dallo psicologo, io posso
farcela da solo
Questo è certamente vero, tutti noi possiamo a volte farcela da soli perché abbiamo molte risorse interiori, alcune
delle quali svalutiamo e alcune delle quali non pensiamo nemmeno di avere… ed è
proprio per questo che, a volte, può capitare di non riuscire a metterle al
nostro servizio. La psicoterapia fa proprio in questo: aiuta la persona a
divenire consapevole delle proprie risorse interiori e a valorizzarle,
mettendole al servizio del proprio benessere.
- Io
soffro di ansia da sempre, non si può fare niente
Ogni cosa ha il suo perché. Quindi anche l’ansia ha il suo motivo di
esistere. Le emozioni sono sane, ci guidano e ci aiutano ad orientarci nella
nostra vita ...salvo quando salgono troppo di intensità e diventano
“invalidanti”. In questo caso l'ansia è solo il sintomo di un modo di
interpretare la realtà disfunzionale, che però può essere corretto attraverso
un percorso psicoterapeutico. È certamente vero che nel tempo le proprie
convinzioni interne si cristallizzano maggiormente (e, quindi, anche le
emozioni), ma non è mai troppo tardi per cercare di cambiare in meglio la
propria vita. Recenti studi hanno evidenziato che anche nella terza età la
persona è dotata di possibilità di apprendimento e, dunque, della capacità di
poter migliorare la sua vita.
- Io
non ho problemi, sono gli altri ad averne
È possibile che una persona non abbia problemi. Così come è possibile che
ne abbia ma li neghi, ritrovandoli invece negli altri. È più facile e meno
doloroso evitare di vedere se stessi in difficoltà. È un meccanismo di difesa.
- I
problemi che ho non si possono risolvere parlando
Esternalizzare i nostri pensieri ed emozioni e, dunque, parlarne con
qualcuno ci aiuta a diventare più consapevoli e a vedere le cose nella giusta
prospettiva, risolvendo, così, i problemi che ci affliggono. Inoltre, condividere
ci aiuta ad alleviare il peso di alcune emozioni spiacevoli.
- La
psicoterapia è troppo lunga
In realtà esistono diversi tipi di approcci psicoterapeutici, dunque
informandosi si può scegliere quello più adatto alle proprie esigenze.
- Lo
psicoterapeuta potrebbe cercare di manipolarmi
Purtroppo, a volte, può succedere che il terapeuta si arroghi il diritto di
sapere come e perché una persona si sente in un certo modo, interpretando
secondo ciò che crede lui e, dunque, di indirizzare la terapia in una certa
direzione. Anche qui l’informazione è fondamentale, accettare suggerimenti da
chi già è stato presso quel determinato terapeuta e si è trovato bene, ma ancor
più fondamentale è mantenere il proprio senso critico e scegliere in base a ciò
che vediamo e sentiamo nel contatto diretto con lo psicoterapeuta.
- Nessuno
potrebbe capirmi, neanche uno psicologo
Quando si arriva a pensare in questo modo è perché probabilmente non ci
fida proprio più di nessuno, non ci si sente capiti e non ci si vuole mettere a
rischio di soffrire ulteriormente. Spesso però un aiuto professionale è più
obiettivo di un amico o familiare, perché non coinvolto emotivamente come loro.
Inoltre, lo psicoterapeuta ha una formazione tale che gli permette di riuscire
a sviluppare una buona capacità empatica, dunque la capacità di mettersi nei
panni degli altri. Per questi motivi esiste una buona percentuale di
possibilità che possa comprendere il disagio della persona.
- Se
ho buoni amici, lo psicoterapeuta non serve
Certo, a volte gli amici, specialmente se “buoni”, possono aiutare molto.
Però al contrario a volte si verifica che gli amici siano troppo coinvolti
affettivamente e, dunque, possano non essere utili nel risolvere il proprio
disagio. Inoltre, gli amici spesso danno consigli che si basano su ciò che loro
pensano. Lo psicoterapeuta invece ha delle competenze che l’amico non ha,
dunque, può aiutare la persona a trovare la sua personale soluzione al
problema.
- Lo
psicoterapeuta costa troppo
Questo non è sempre detto, il tariffario dell’Ordine prevede un compenso
minimo e un compenso massimo, dunque si possono trovare degli psicoterapeuti
che applicano quello minimo. Un’altra soluzione è di parlare della propria
difficoltà con il terapeuta, o rivolgersi ai servizi territoriali convenzionati
(ASL di riferimento). In ogni caso, andare in psicoterapia è un investimento
sulla propria salute e il benessere che ne deriva è impagabile.
Oggi primo incontro del progetto "La Scuola delle Emozioni"
Oggi è iniziato il progetto dedicato ai bambini della Scuola Materna L'Arcobalena di Bracciano! I bambini sono stati bravissimi, tutte le tre classi hanno partecipato attivamente alle attività proposte.
Ecco il programma svolto:
CLASSE 3 ANNI
Avvio delle attività/valutazione del livello emotivo della classe
Presentazione in circolo tramite il gioco del "fiore magico"
Attività di musicoterapia/sperimentazione degli strumenti proposti
Presentazione delle 4 emozioni di base: rabbia, tristezza, gioia, paura.
Gioco del "Fai la faccia" per la valutazione della capacità di rappresentazione facciale delle emozioni
Introduzione dell'emozione della gioia-ascolto della canzone "Se sei felice"
CLASSE 4 ANNI
Avvio delle attività/valutazione del livello emotivo della classe
Presentazione in circolo tramite il gioco del "fiore magico"
Attività di musicoterapia/sperimentazione degli strumenti proposti
Presentazione delle 4 emozioni di base: rabbia, tristezza, gioia, paura.
Gioco del "Fai la faccia" per la valutazione della capacità di rappresentazione facciale delle emozioni
Gioco della "Camminata emotiva" per lo sviluppo della capacità empatica e della consapevolezza espressiva
Introduzione dell'emozione della gioia-ascolto della canzone "Se sei felice"
CLASSE 5 ANNI
Avvio delle attività/valutazione del livello emotivo della classe
Presentazione in circolo tramite il gioco del "fiore magico"
Attività di musicoterapia/sperimentazione degli strumenti proposti
Presentazione delle 4 emozioni di base: rabbia, tristezza, gioia, paura.
Discussione sulle diverse emozioni e del perchè e quando si provano
Gioco del "Fai la faccia" per la valutazione della capacità di rappresentazione facciale delle emozioni
Introduzione dell'emozione della gioia-ascolto della canzone "Se sei felice"
Al via il mio progetto "La Scuola delle emozioni"!
Il 12 ottobre partirà a Bracciano, presso la Scuola Materna Paritaria Bilingue (riconosciuta dal MIUR) L'Arcobalena, il progetto "La Scuola delle Emozioni".
Questo è un progetto che amplia e approfondisce la mia già consolidata esperienza in merito all'educazione emotiva dei bambini. E' un progetto di alfabetizzazione emotiva che però introduce un'importante innovazione, ovvero l'introduzione di tecniche di musicoterapia, la quale, secondo i più recenti studi scientifici, ha svariati effetti significativi benefici. Infatti, è stato dimostrato che la musica aiuta a migliorare la capacità di parlare in bambini con disturbi del linguaggio e aiuta a migliorare e sviluppare aree quale quella della comprensione, quella cognitiva, comportamentale, relazionale e, ovviamente, anche quella della consapevolezza emotiva. È stato studiato, inoltre, che la musica migliora non solo l’attività cerebrale, con le benefiche ripercussioni che abbiamo accennato, ma abbassa il livello di cortisolo, l’ormone dello stress, e alza i livelli delle endorfine, responsabili del buon umore e della felicità. Inoltre utilizzerò anche, oltre la metodologia e le più efficaci tecniche di educazione emotiva e musicoterapia, delle tecniche di arteterapia. Infatti, nel corso degli ultimi dieci/quindici anni i benefici dell'uso delle arti nella terapia, nella riabilitazione e nell'educazione emotiva sono diventati evidenti.
Il progetto avrà una durata di 8 mesi, lungo tutto il corso dell'anno scolastico, con una frequenza settimanale, all'interno dell'orario scolastico e si pone i seguenti obiettivi generali: sviluppare le basi dell'intelligenza emotiva e la capacità di stare in relazione con gli altri, ovvero quella che viene definita l’intelligenza sociale. Obiettivi più specifici sono:
- ESPANSIONE DEL VOCABOLARIO EMOTIVO
- IDENTIFICAZIONE DELLE EMOZIONI IN MODO CORRETTO
- DISTINZIONE TRA EMOZIONI UTILI E DANNOSE E TRA EMOZIONI PIACEVOLI E SPIACEVOLI
- DIFFERENZIAZIONE TRA LE EMOZIONI E I PENSIERI
- INDIVIDUAZIONE DEL PROPRIO DIALOGO INTERNO IN SITUAZIONI EMOTIVE
- APPRENDIMENTO DI UN REPERTORIO DI PENSIERI UTILI E FUNZIONALI
- INDIVIDUAZIONE DELLE EMOZIONI DIFFICILI DA GESTIRE (COME AD ES. LA COLLERA) E APPRENDIMENTO DI MODI UTILI A GESTIRLE ED ESPRIMERLE IN MODO FUNZIONALE
- SVILUPPO DELLA TEORIA DELLA MENTE (L’ABILITA’ DI INFERIRE GLI STATI MENTALI/EMOTIVI DEGLI ALTRI) E DELL’EMPATIA
- IDENTIFICAZIONE E SVILUPPO DELLE REGOLE DI CONVIVENZA E DI RELAZIONE